Questo nuovo clima, in veloce e brusca trasformazione, da qualche anno è caratterizzato da lunghi periodi di siccità e intense precipitazioni piovose, che mettono a dura prova le infrastrutture, soprattutto urbane.
Poiché qualunque intervento di ampio respiro sulle cause umane di alterazione del clima, ammesso e non concesso che si riesca a fare data la “timidezza” delle classi politiche verso interventi strutturali, inizialmente costosi e impopolari, sicuramente non avrà un effetto immediato, mi sembra come minimo logico affiancarlo con interventi di tamponamento e riduzione degli effetti negativi che si manifesteranno in modo sempre più deciso nei prossimi anni.
Io non posso indicare azioni a livello regionale o comunale, non ne ho l’autorità, ma posso indicare alcune soluzioni da adottare nel proprio giardino, in modo da ridurre il danno, almeno a casa propria, e dare una “goccia” di contributo, come il famoso colibrì di Pierre Rabhi.
Le piogge violente, in particolare dopo lunghi periodi di siccità, sono quelle che fanno i danni maggiori perché il terreno arido è compatto e, contrariamente a quanto si pensi, non è in grado di assorbire un grande volume d’acqua riversato violentemente in breve tempo.
L’acqua quindi, invece di essere assorbita negli strati superficiali e profondi, scorre via, dilavando lo strato superficiale più fertile e causando i danni che tutti abbiamo visto in questo periodo.
Se poi siamo in un contesto urbano, l’acqua corre velocemente sulle superfici lastricate, intasa la raccolta fognaria e allaga strade e case.
Se ci limitiamo alle azioni applicabili nel contesto di un giardino, gli interventi possibili sono essenzialmente due:
- aumentare in generale la porosità del terreno e la sua capacità di assorbimento
- convogliare l’acqua in zone appositamente progettate, dove verrà assorbita gradualmente
e, naturalmente, dove possibile, dotarsi di un sistema di raccolta dell’acqua piovana, che non serve a contrastare gli effetti negativi delle “bombe d’acqua”, ma permette di accumularla almeno in parte per gestire i periodi di siccità.
L’intervento 1 è la nostra onnipotente pacciamatura organica e l’arricchimento del terreno con compost, che nel tempo ne migliorano la struttura e lo rendono più “spugnoso”.
L’intervento 2, invece, è l’argomento di questo post, quello che in inglese viene chiamato rain garden, il giardino della pioggia.

L’argomento non è nuovissimo: ormai da almeno 20 anni le amministrazioni comunali nei paesi anglosassoni pubblicano e propongono documenti e linee-guida per incentivare la realizzazione di queste specifiche aree del giardino in cui gestire e mitigare l’effetto delle piogge troppo forti. E alcune hanno anche progetti e stanziamenti per realizzare queste zone in aree pubbliche, come le strisce fra case e strade carrozzabili o viali cittadini.
A Londra, inoltre, ormai da diversi anni il regolamento comunale impone una limitazione alla pavimentazione lastricata impermeabile, in particolare nei cosiddetti front garden, spesso utilizzati come area parcheggio, per contribuire a ridurre il deflusso sulle strade e nel sistema fognario.

Anche in Italia, da qualche anno, esistono proposte di progetti in aree urbane.
In generale, non so quanti di questi progetti siano effettivamente usciti dalle pagine e dalle presentazioni per diventare realtà, conoscendo le difficoltà di stanziamenti e le lentezze burocratiche.
Invece di inventarmi qualcosa di solo apparentemente nuovo, voglio dedicare questo post ad una bibliografia di alcuni fra i documenti migliori e più chiari che ho trovato.
Alcuni sono in Italiano, altri in Inglese.
Innanzitutto una breve presentazione generale preparata da uno studio di architettura del paesaggio di Roma, Studio Urka
Rain garden, cosa sono – come si utilizzano e come ci salveranno dalle bombe d’acqua
Per chi fosse interessato ai dettagli progettuali, nell’articolo c’è il link a un testo con schemi e progetti realizzato da BIM- BibLus
Un altra breve descrizione fatta dall’ente Piemonte Parchi
Rain gardens, ovvero giardini della pioggia
E poi alcune guide, sia didattiche che operative, preparate da enti pubblici (in inglese, perché nei paesi anglosassoni, per cultura e tradizione, i privati sono considerati parte attiva nella realizzazione delle politiche sociali e comunitarie (noi italiani diremmo “aiutati che il ciel ti aiuta”).
How to Create a Rain Garden: A Guide for Homeowners (Stato dell’Ontario, Canada)
Uno studio preparato da un’organizzazione non-profit inglese Urban Design London
Designing Rain Gardens: A Practical Guide
Un altro documento divulgativo, ma ricco di schemi, liste e istruzioni pratiche, preparato dal Dipartimento delle Risorse Naturali del Winsconsin (USA)
Rain Gardens: a how-to manual for homeowners
Chiaramente, realizzare un rain garden nel proprio giardino, oppure, in una situazione ideale di pianificazione urbana, nelle proprie città, non è LA soluzione per adattarci ai cambiamenti climatici in atto ed eliminare gli allagamenti causati dalle bombe d’acqua sempre più frequenti.
Una corretta gestione del territorio si costruisce con un mosaico di interventi, privati ma soprattutto pubblici, sugli alvei dei fiumi, sull’erosione delle sponde, sulla riduzione della cementificazione, sul rimboschimento, sulla raccolta dell’acqua piovana e sulla riduzione dello spreco di quella potabile.
Ma questi sono alcuni dei tasselli di una seria politica ecologica, che purtroppo brilla per la sua assenza, e questo a mio parere è un suicidio.