Hsiao han – piccolo freddo – da 6/1 a 19/1 2016

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Per noi, il primo periodo del nuovo anno, per i cinesi il penultimo dell’anno vecchio. E intanto continuiamo a sperare che, veramente, arrivino il freddo e la neve, per riportare un po’ di normalità a questo inverno anomalo.

Questa volta voglio parlarvi di un libro che ho appena letto “Zen Gardens: The Complete works of Shunmyo Masuno” di Mira Locher.

masuno

Per chi non ne avesse mai sentito parlare, Shunmyo Masuno è uno dei più famosi progettisti di giardini in Giappone e il suo stile nasce dal suo percorso formativo misto: si è infatti laureato alla facoltà di Agraria, specializzandosi in progettazione giardini (e ha fatto un lungo apprendistato con Saito Katsuo) ma è anche un monaco e prete Zen, della tradizione Soto, ed è attualmente responsabile di un tempio, Kenkohji, a Yokohama.

Mi sembra quindi un ottimo esempio per approfondire uno stile, quello dei giardini Zen, che da un lato mi affascina molto ma dall’altro mi lascia perplessa, almeno nelle sue realizzazioni al di fuori del Giappone.

Masuno ha progettato e realizzato giardini sia nello stile classico tradizionale, sia di stile contemporaneo, per residenze private, spazi pubblici e di rappresentanza.

Nelle sue realizzazioni si trova quella maestria nell’utilizzo delle pietre, così tipica della tradizione giapponese anche quando viene tradotta in linee estremamente moderne.

Si trova pure una scelta per noi occidentali tutto sommato limitata di piante, anche qui secondo la tradizione giapponese, pur riuscendo a creare spazi ricchissimi di vegetazione e scorci letteralmente lussureggianti, soprattutto negli spazi associati ai bagni, alle SPA o comunque all’idea dell’acqua e del suo utilizzo.

Anche i famosi karensansui, cioè i giardini secchi, costituiti principalmente da pietre e sabbia, che noi associamo così chiaramente ai giardini Zen, sono stati esplorati sia nella loro forma classica che in una versione più moderna, facendo così capire che questo stile non è congelato nel passato ma vivo e in trasformazione.

Però, mentre guardo le foto di questi giardini, mi rendo conto di due aspetti.

Il primo è legato alla cultura e allo stile fortemente giapponese che esprimono; questo è evidente in tutti: anche quelli al di fuori del Giappone sono comunque legati a qualche istituzione giapponese e mi conferma quindi nell’idea che gli stilemi del “giardino giapponese” debbano sempre e solo essere inseriti in un contesto adatto. Altrimenti si rischia l’esotismo, che a meno di non essere richiesto, come ad esempio nella ricostruzione filologica di un giardino storico orientaleggiante, diventa rapidamente un parco a tema, una specie di Disneyland.

Il secondo è invece per me ancora tutto da esplorare ed è il concetto di “giardino Zen”: questo potenzialmente non è geograficamente o culturalmente legato al Giappone, anche se ovviamente gli esempi sono soprattutto giapponesi. In realtà Zen è una scuola Buddhista e, come tale, possiede diverse caratteristiche filosofiche, etiche, letterarie, spirituali, religiose a cui ispirarsi in diversi aspetti della vita, e quindi anche nella progettazione e realizzazione di un giardino.

Questo chiaramente non si ricava direttamente dalle opere di Masuno, perché lui “è” giapponese e quindi utilizza gli stili della sua cultura.

Si ricava, o meglio si possono trarre spunti di riflessione su cui lavorare, da un’intervista fra l’autrice e Masuno riportata a metà del libro.

In particolare quando Masuno, riferendosi alla virtù buddista della generosità, dice “Io porto gli insegnamenti del Buddhismo nel giardino, in cui lavoro con il desiderio di permettere alle persone di percepire la gioia di vivere.”

Oppure quando esplora quelli che secondo lui sono alcuni valori fondanti dell’estetica giapponese “… nella mutevolezza (mujo), continuità (todomaranu) e caducità (utsuroi), si scoprono il senso del valore e della bellezza. E’ la cosiddetta fluidità (koteidekinu) nel loro essere che è splendida e sacra. Per questo motivo, l’atto di ‘vivere ogni singolo momento con attenzione’ (sono shunkan sono shunkan daiji ni ikikiru) diventa la cosa più importante di tutte.”

Quello che mi stimola in particolar modo è la frase “Piuttosto che voler creare una ‘bellezza Zen’ quando si cerca di esprimere ‘lo Zen come bellezza’ inevitabilmente, attraverso il flusso naturale, si arriva ad essa”.

E un’altra frase, che forse è la chiave per cercare di interpretare un giardino Zen in occidente, senza creare una forzatura: “Io voglio che le persone vedano il giardino che stanno osservando e loro stessi come uno. Le cose sono come sembrano. Le rocce in un giardino, gli alberi, l’acqua – tutto è là nella sua vera essenza. Questa è verità (shinri); nello Zen si chiama hotoke no so (letteralmente il Buddha stesso). Questo modo di vedere non è per nulla diverso per giapponesi o non giapponesi.”

Ecco, questa visione è quella che può aprire la porta a un ‘giardino Zen’ armoniosamente associato alle nostre basi culturali, estetiche e paesaggistiche, rispettando la flora tipica delle nostre terre e il genius loci, che da tempo è considerato il punto di partenza più importante per immaginare e realizzare un giardino.

Quindi un mondo tutto da esplorare, o meglio da inventare e sperimentare.

Inserisco una serie di immagini di giardini progettati e realizzati da Masuno, con un paio di progetti, pur sapendo che le foto non possono dare un’idea delle sensazioni che si ricavano dallo stare immersi in spazi pensati non solo per essere guardati da lontano, ma osservati con gli occhi, e il cuore, che hanno un’apertura ben maggiore di una macchina fotografica.

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